CAPITALISMO PUBBLICO NEL NORD EST ITALIANO

Padova, 12 giu - A un anno dalla scomparsa del giornalista Fabio Barbieri, i quotidiani da lui diretti (Il Mattino di Padova, La Tribuna di Treviso, La Nuova Venezia) lo hanno ricordato stamane a Padova nella Aula Magna del Palazzo del Bò (sede della storica Università) con un incontro su "i nuovi capitalisti pubblici del Nord-Est", preceduto dagli interventi di chi Barbieri conobbe ed ebbe per amico: il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, il Presidente onorario del Gruppo L'Espresso, Carlo Caracciolo, Giovanni Valentini di La Repubblica. Alla tavola rotonda, coordinata dal giornalista Paolo Possamai, ha partecipato anche, il Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia. Rispondendo alle sollecitazioni del moderatore, ha spiegato perché la pubblica amministrazione continua a detenere quote di società di servizi. Il problema - come suggerito da altri relatori, fra cui l'economista Francesco Giavazzi - è di capire perché in Italia vi sono ancora molta industria e pochi servizi e perché questi nonostante le "privatizzazioni", sono ancora in mano pubblica. In sostanza ciò accade perché essendo la liberalizzazione ancora agli inizi e persistendo una sorta di "monopolio", allora è preferibile che esso sia esercitato dal pubblico. La trasformazione delle partecipate di servizi in società per azioni garantisce almeno una gestione di tipo privatistico e nel contempo quantità e qualità dei servizi offerti ai cittadini a costi minori. Il Friuli Venezia Giulia è impegnato da tempo a favorire forme di collaborazione o di fusione fra società di servizi (ad esempio per la gestione di autostrade e le multiutilities), ma finora al lavoro fatto non è corrisposta alcuna azione concreta. La recente iniziativa comune dei presidenti delle Regioni del Nord per la TAV può fare ben sperare per giungere a soluzioni nuove anche per autostrade e multiutilities, anche per far sì che le società attuali assumano quella massa critica che le renda in grado di concorrere alle gare europee per la gestione dei servizi. Infine, se la pubblica amministrazione privatizzasse le sue quote, la liberazione di risorse così ottenuta, andrebbe indirizzata verso investimenti e non a finanziare la spesa corrente. Parte di quegli investimenti dovrebbero rendere disponibili alle imprese risorse che sono: umane (scuola, università, formazione) conoscitive (centri di ricerca, centri per il trasferimento della conoscenza) finanziarie (per incentivare le imprese più innovative), materiali (infrastrutture fra cui quelle informatiche), amministrative. ARC/Nico Nanni