ANTONAZ ALLA FIERA E AL FORUM DI MODENA

Modena, 17 dic - Trasformare il fenomeno dell'immigrazione da problema di ordine pubblico e strettamente legato al lavoro, come fa la legislazione nazionale, in occasione di crescita per tutti. In questo senso la legge regionale del Friuli Venezia Giulia cerca di proporre una visione diversa, pur all'interno dei limiti che sono propri delle Regioni. Del tema si è parlato oggi a Modena, dove è in svolgimento "Aza Mataotra '05" (in lingua malgascia "non aver paura degli altri"), la prima fiera italiana dedicata a immigrazione, intercultura, comunità straniere, promossa da ModenaFiere con il concorso del Comune di Modena e della Regione Emilia-Romagna. Il Friuli Venezia Giulia è presente sia con uno stand (curato dalla direzione regionale dei Migranti e dall'IRES), che sta riscuotendo notevole successo per l'ampia possibilità di informazioni che vi si trovano (fra l'altro, è stata presentato il testo della legge regionale tradotta in 10 lingue), sia con un Forum per capire se e perché una legislazione regionale può essere utile in Italia. Visitando lo stand e aprendo i lavori del Forum, l'assessore regionale Roberto Antonaz ha sottolineato appunto la volontà di contribuire, come Regioni italiane, a migliorare per quanto possibile e nei campi in cui le Regioni stesse "concorrono" con lo Stato, le norme nazionali. L'assessore ha anche messo in evidenza come la legge regionale sull'Immigrazione sia nata da un metodo ampiamente partecipativo per coinvolgere quanti più soggetti possibili nella stesura del testo. "Un metodo che stiamo seguendo ora per la legge sulla Pace e che anche altre direzioni regionali stanno facendo proprio". "Bisogna prendere atto - ha continuato Antonaz - che quello migratorio è ormai un fenomeno costante e maturo: inutile, allora, considerarlo in maniera negativa, per cercare invece di gestirlo con una politica di accoglienza, quale quella che il Friuli Venezia Giulia vuole portare avanti. Anche perché non possiamo dimenticare che fino a ieri erano gli italiani (e tra loro numerosissimi i friulani, i giuliani, gli sloveni) a dover emigrare, spesso in condizioni di clandestinità e comunque con enormi discriminazioni. Vorremmo che chi oggi viene da noi trovasse condizioni migliori di quelle che trovarono i nostri emigranti". Concludendo, l'assessore ha ribadito la contrarietà della Regione ai Centri di permanenza temporanea in Italia, fra cui quello previsto a Gradisca (Gorizia): "perché non è giusto affrontare il problema della mobilità del genere umano in questo modo coercitivo e burocratico". Michele Negro e Gianfranco Schiavone, componenti del Comitato per la predisposizione della legge, hanno riferito alcuni dati sulla presenza di lavoratori stranieri in Italia e nel Friuli Venezia Giulia, dati che dicono meglio di altre considerazioni la necessità di "gestione" di un fenomeno: che è appunto ciò che la legge del Friuli Venezia Giulia, come ha spiegato Negro, ha cercato di fare, assumendo provvedimenti in diversi settori, su alcuni dei quali (politiche abitative, riconoscimenti dei titoli di studio, scuola) Schiavone ha posto l'accento. L'assessore della Regione Toscana, Gianni Salvadori, ha concordato sul fatto che le problematiche dei migranti non possono essere viste, come fa la legge nazionale, nell' equazione immigrazione-delinquenza. Nella convinzione che vanno costruiti percorsi e cultura politica diversi "perché con gli immigrati ci siamo cercati, essendo essi indispensabili nel processo produttivo e in quello della tenuta demografica", la Regione Toscana ha avviato il Piano regionale integrato sul tema dell'immigrazione, che sfocerà poi nella legge regionale. Salvadori ha anche proposto per la prossima primavera un convegno nazionale delle Regioni italiane per una riflessione comune sui temi normativi in materia di immigrazione. Al Forum di Modena hanno portato il loro contributo rappresentanti di altre Regioni e di associazioni degli immigrati, proponendo esperienze diverse, tutte concorrenti a diffondere il concetto dell'accoglienza e dei diritti che devono essere propri anche dei cittadini stranieri che lavorano in Italia. ARC/Nico Nanni