Trieste, 01 giu - Le regioni di confine come stimolante punto di partenza per costruire una nuova identità europea capace, in tempo di crisi, di proiettare lo sguardo verso il futuro, con spirito aperto e creativo.
Scrittori, docenti universitari e giornalisti di lingua tedesca, italiana, slovena si stanno confrontando a Trieste in un convegno sul tema "Europa nuovo pensiero. Regioni, innovazione cultura", che si è aperto questa mattina nel Salone di rappresentanza della Presidenza della Regione in piazza Unità d'Italia. Il convegno, voluto dal commissario europeo per le Politiche regionali Johannes Hahn, e organizzato dall'Università di Salisburgo con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, si concluderà domani pomeriggio con una tavola rotonda alla quale prenderanno parte anche gli scrittori Claudio Magris e Boris Pahor. Oggi si sono svolte le prime due sessioni sui temi "Europa: tradizione, innovazione, differenza" e "Isole linguistiche e i loro racconti". Trieste rappresenta un "luogo ideale per pensare in modo nuovo l'Europa", ha osservato l'assessore regionale alla Cultura e alle Relazioni comunitarie Elio De Anna aprendo questa mattina i lavori del convegno. "Il venir meno dei confini, ci obbliga infatti a pensare assieme il nostro futuro", ha aggiunto l'assessore riferendosi al nuovo soggetto istituzionale dell'Euroregione "Senza confini", costruito assieme a Veneto e Carinzia e aperto a Slovenia e Istria croata.
"Nell'epoca in cui in Europa riemergono i nazionalismi e i particolarismi, occorre che gli intellettuali europei facciano sentire alta la loro voce", ha detto il commissario Hahn. In questo senso i programmi di cooperazione transfrontaliera, anche le piccole e concrete forme di collaborazione culturale nelle aree di confine, possono fornire un aiuto decisivo. E questo vale a maggior ragione se si pensa che, su 500 milioni di cittadini dell'Unione europea, ben 200 milioni, pari al 40 per cento del totale, vivono in regioni di confine. Uno dei promotori del convegno è stato Michael Fischer, studioso di scienze sociali e culturali, docente all'Università di Salisburgo. "Per la generazione del dopoguerra - ha detto oggi - l'Europa ha rappresentato una grande utopia, e anche una storia di indubbio successo, perché ha saputo garantire pace e benessere. È tuttavia mancato un 'sentimento del noi', un'autentica identità europea".
Un punto di partenza per sopperire a questa carenza identitaria possono essere proprio le regioni di confine, dove differenze e affinità si intrecciano, dove le "narrazioni" della cultura e del quotidiano oltrepassano le barriere creando un ambiente stimolante, aperto, innovativo. Per questo nel corso del convegno sono posti a confronto linguaggi, forme d'arte e di spettacolo tipiche delle aree di confine, ma anche cibi e modi di vita quotidiana. Tutto ciò aiuta a superare un regionalismo chiuso, tutto ripiegato su se stesso, per proiettare invece nostalgia e tradizione in un orizzonte aperto di un'Europa plurale che guarda al futuro. ARC/PF