(ACON) Trieste, 30 set - "Una proposta del tutto condivisibile
che abbiamo sottoscritto con estrema convinzione perché, pur
nella sua semplicità normativa, tocca uno dei temi più alti della
convivenza civile: il diritto universale all'identità giuridica.
Ciò significa assicurare l'accesso a sanità, istruzione,
protezione sociale e giustizia".
Lo evidenzia, attraverso una nota stampa che riprende quanto già
affermato in Aula, la consigliera regionale Rosaria Capozzi
(Movimento 5 Stelle), esprimendo al tempo stesso il proprio
rammarico per la bocciatura del progetto di legge nazionale in
materia di obbligo di esibizione dei documenti di soggiorno da
parte degli immigrati.
"La pdln 2, infatti, si inserisce in un solco ben preciso: quello
tracciato dall'Agenda 2030 dell'Onu - prosegue Capozzi - che, al
Target 16.9, invita ogni Paese a garantire per tutti, entro il
2030, l'identità legale. Ovviamente, compresa la registrazione
delle nascite".
"Un obiettivo che non può rimanere solo sulla carta, perché
incarna il principio - precisa l'esponente pentastellata -
secondo il quale, mancando un riconoscimento formale
dell'esistenza di una persona, tutti gli altri diritti rischiano
di rimanere inapplicabili. Senza dimenticare che, ancora oggi, in
Italia permane un grave ostacolo: la modifica introdotta con la
legge 94/2009, che ha reso obbligatorio il permesso di soggiorno
anche al fine del riconoscimento e della registrazione delle
nascite".
"Questo vincolo ha spinto numerosi genitori migranti irregolari -
sottolinea la rappresentante del M5S, - a non dichiarare i propri
figli per paura di espulsioni o di serie conseguenze legali,
generando così il fenomeno dei cosiddetti bambini invisibili. E,
in tal senso, va ricordata la vicenda dei bimbi italiani
immigrati come clandestini nella Svizzera del Secondo dopoguerra,
privati della socializzazione con i coetanei e della formazione
scolastica".
"Oggi - aggiunge Capozzi - si ripetono quegli errori perché,
negando diritti fondamentali, si producono solo marginalità e
ingiustizia. Pertanto, questa pdln non costituisce solo un atto
tecnico ma, soprattutto, un atto di civiltà che avrebbe dovuto
restituire al nostro ordinamento coerenza con la Costituzione,
gli obblighi internazionali e il semplice principio di giustizia
che nessun bambino possa essere considerato invisibile.
L'identità giuridica è infatti la porta di accesso a tutti gli
altri diritti: senza di essa, un neonato non è solo privo di un
certificato, ma gli viene tolta anche la possibilità stessa di
esistere davanti alla legge".
"Con questa norma abbiamo perso l'occasione per eliminare un
ostacolo che ha prodotto solo esclusione e paura. Al tempo
stesso, desideriamo anche riaffermare un principio fondamentale:
i diritti dei bambini non possono dipendere dallo status dei
genitori. Dietro ogni atto di registrazione non risiede infatti
la burocrazia, ma la vita e la dignità di un bambino", conclude
la nota.
ACON/COM/mv