Nel 2025 stanziati quasi 270mila euro per i Punti di ascolto
Udine, 23 set - "Garantire ambienti di lavoro basati su pari
opportunità e privi di fenomeni discriminatori è oggi una
responsabilità strategica per le aziende, non solo in termini di
produttività ma anche di sostenibilità sociale. Come si evince
dai dati del primo semestre di quest'anno, il fenomeno del
mobbing è tutt'altro che marginale e ciò che più colpisce sono le
percentuali che riguardano le lavoratrici e l'età delle vittime.
Nei luoghi di lavoro, che registrano una presenza femminile
sempre più marcata e in cui i dipendenti dei prossimi decenni
saranno in buona parte rappresentati da persone adulte, questo
impegno diventa ancora più urgente".
Sono le parole dell'assessore regionale al Lavoro, Alessia
Rosolen, a margine della presentazione dei dati relativi agli
accessi ai Punti di ascolto antimobbing del Friuli Venezia
Giulia, illustrazione che si è tenuta questa mattina a Trieste.
"La Regione Friuli Venezia Giulia è intervenuta con azioni
concrete, istituendo Punti d'ascolto in tutto il territorio e
incrementando le risorse a questi sportelli dedicate. Dal 2017 -
ha ricordato Rosolen - lo stanziamento è progressivamente
cresciuto arrivando, nel 2025, a quasi 270mila euro".
Nel primo semestre del 2025 i Punti di ascolto antimobbing,
attivi a Udine, Gorizia, Trieste e Pordenone, hanno seguito 341
persone, confermandosi presìdi fondamentali a tutela delle
lavoratrici e dei lavoratori del territorio. La distribuzione
territoriale registra 147 utenti a Udine, 70 a Gorizia, 63 a
Trieste e 61 a Pordenone.
Il 67% delle persone seguite sono donne e il 33% uomini. La
fascia d'età più esposta è quella dai 51 anni in su, che da sola
raccoglie quasi la metà dei casi. La composizione complessiva per
età è pari a: 0% minori di 20 anni, 5% tra i 20 e i 30, 20% tra i
31 e i 40, 27% tra i 41 e i 50 e 48% oltre i 51.
La gran parte delle persone che hanno chiesto supporto ha un
contratto a tempo indeterminato (88%), mentre il 12% lavora a
termine. Per quanto riguarda il settore di appartenenza, la
maggioranza opera nel privato (72%), mentre il 28% nel pubblico.
Le cause di disagio lavorativo più frequenti sono riconducibili a
fattori socio-anagrafici (32%) e a mutamenti aziendali (21%),
seguite da richieste avanzate dal lavoratore (20%), assenze
prolungate o congedi (18%), da infortuni o malattie professionali
(6%) e dal rifiuto di richieste fatte da altri (4%).
Le vessazioni più diffuse riguardano umiliazioni e critiche
(32%), eccesso di controllo sul lavoro (25%) e attribuzione di
compiti esorbitanti o eccessivi (15%). Seguono forme di
emarginazione come marginalizzazione dall'attività lavorativa
(7%) e svuotamento delle mansioni (3%), oltre a casi di
isolamento, trasferimenti ripetuti e mancata assegnazione di
strumenti o percorsi formativi.
Il profilo dei presunti autori (mobber) vede una lieve prevalenza
di uomini (52%) rispetto alle donne (48%). Nel 75% dei casi si
tratta di un superiore o titolare, nel 21% di colleghi pari
grado, nel 3% di sottoposti e nell'1% di altre situazioni.
ARC/PT/al