LINGUAGGIO GENERE. CAPOZZI (M5S): BASITA DA NO CONSIGLIERE CENTRODX

(ACON) Trieste, 18 mar - "Scrivere e comunicare in maniera inclusiva costituisce una scelta precisa, contribuendo a creare una società più democratica e partecipativa. Ecco perché abbiamo sottoscritto convintamente la mozione volta a supportare un linguaggio che, sotto il profilo del genere, rispetti i ruoli, rivelandosi mai sessista ma, anzi, inclusivo e rispettoso". Lo rimarca, in una nota, la consigliera regionale Rosaria Capozzi (Movimento 5 Stelle), facendo riferimento ai contenuti della mozione 'Linguaggio di genere nelle istituzioni regionali' da lei sottoscritta ed esaminata questo pomeriggio dall'Assemblea legislativa del Friuli Venezia Giulia. "Già nel 1987 - ricorda l'esponente pentastellata - Alma Sabatini parlava di 'sessismo nella lingua italiana', mettendo in luce il forte legame tra discriminazione culturale e discriminazione semantica. In seguito alla Convezione di Istanbul sono stati sufficientemente rinnovati anche l'impegno e l'attenzione verso una comunicazione corretta e rispettosa. Il Parlamento Europeo, quindi, era stato tra le prime organizzazioni internazionali ad adottare le linee guida multilingue sulla neutralità di genere in un linguaggio che vuole e deve abbattere gli stereotipi che rendono sempre più difficile raggiungere un'uguaglianza tra uomini e donne". "Purtroppo, sono ancora molte le donne che decidono, specialmente in contesti accademici e istituzionali, di utilizzare parole declinate al maschile per descrivere loro stesse. In passato, quella di non voler richiedere un appellativo al femminile - precisa Capozzi - era una particolarità delle donne che ricoprivano incarichi tradizionalmente maschili. Nella storia politica, Nilde Iotti voleva essere chiamata 'Presidente', così come Irene Pivetti. Un passaggio importante è stato sicuramente quello introdotto da Laura Boldrini che, invece, desiderava essere definita 'la Presidente', rendendo al genere femminile il suo ruolo istituzionale. L'esempio più recente riguarda infine la decisione di Giorgia Meloni di riferirsi a sé stessa come 'il' e non 'la' presidente del Consiglio". "Le donne sono ancora marginalizzate nella comunicazione e discriminate fortemente nella realtà. Eppure, ancora oggi, si preferisce non dare importanza alla scelta delle parole - sottolinea la rappresentante del M5S - e si preferisce ricorrere a una nomina al maschile. Questo fatto indica chiaramente quanto abbiano introiettato il maschilismo mentre, al tempo stesso, si conferma una forte resistenza sull'utilizzo di un linguaggio coniugato al femminile e a non voler attribuire un cambiamento che vada al di là di una lingua sempre più maschilista". "Una seria battaglia, fortunatamente, viene portata avanti dalla prestigiosa Accademia della Crusca - conclude Capozzi - sostenendo l'assioma secondo cui l'importanza di una corretta declinazione femminile delle professioni non venga solo linguisticamente accettata, bensì risulti sintomatica di un passaggio coerente e di rispetto del genere e dei ruoli. In teoria, quindi, la sensibilità sul tema è alta ma, nella pratica, si incappa ancora in gravi errori e ciò che è accaduto in Consiglio ne è la prova. La mozione presentata dalla collega Massolino andava proprio nella giusta direzione per superare queste resistenze linguistiche. Quello che lascia invece basiti è la bocciatura da parte delle consigliere di Maggioranza che avrebbero dovuto farsene promotrici tra i colleghi che, per contro, ritengono irrilevante questo passaggio". ACON/COM/fa