(ACON) Trieste, 13 mar - "La Lega pare, ancora una volta, non
aver alcun bisogno di un democratico confronto e di un corretto
approfondimento: va dritta come un treno su una questione
complicata che, altresì, investe aspetti giuridici e religiosi.
Oggi è stata discussa in V Commissione una proposta di legge
nazionale (pln), sulla quale la Regione Friuli Venezia Giulia non
ha peraltro alcuna competenza. Inoltre, non ci è stato concesso
il tempo per procedere a una serie di doverose audizioni per un
confronto con i rappresentati delle comunità interessate, come
invece chiesto dalla sottoscritta durante la riunione dei
capigruppo e come sempre avviene nel caso delle pdl, al fine di
giungere a un lavoro condiviso".
Lo rimarca, attraverso una nota, la consigliera regionale Rosaria
Capozzi (Movimento 5 Stelle), facendo riferimento agli odierni
lavori della V Commissione nell'esame della pln 3 a firma di
Antonio Calligaris della Lega.
"Contestiamo in primis il metodo, in merito al quale - aggiunge
la Capozzi - la sola spiegazione è quella di una pura e semplice
propaganda politica da parte del Carroccio. Nel merito, invece, è
semplicemente aria fritta, giacché esiste già una legge del 22
maggio 1975, la 152, che vieta l'uso di 'caschi protettivi o
qualsiasi altro mezzo che renda difficile il riconoscimento della
persona in luoghi pubblici o aperti al pubblico', a meno che non
vi sia un giustificato motivo. È proprio questo l'aspetto su cui
interviene la Lega, togliendone il riferimento".
"D'altra parte, com'è chiaro fin dal titolo della legge del 1975,
la norma non era stata pensata per dirimere questioni culturali o
per difendere i diritti delle donne, ma esclusivamente per
garantire la sicurezza. Le esigenze di pubblica sicurezza -
precisa la pentastellata - vengono infatti soddisfatte dal
divieto di utilizzo in occasione di manifestazioni e
dall'obbligo, in tali circostanze, di sottoporsi
all'identificazione e alla rimozione del velo. Naturalmente, ove
necessario a tal fine".
"La Lega ritorna a gamba tesa e in maniera sfacciatamente
ideologica - sottolinea la consigliera - su una questione che
andrebbe, invece, affrontata con i mediatori culturali. La
questione sicurezza viene utilizzata strumentalmente solo per
portare avanti una battaglia anti-islamica. L'integrazione e
l'autodeterminazione delle donne in questo specifico caso non
possono invece realizzarsi con un divieto o con una secca
imposizione. Vietare di ricorrere a certi indumenti per
garantirne l'autodeterminazione è sbagliato, perchè chi vive una
situazione di soggezione, mentre la Lega vuole erigersi a
paladina della giustizia, finisce per essere marginalizzato o per
soggiogare al divieto, per poi rivivere la stessa situazione in
altri contesti".
"Sarà curioso sapere che posizione sosterranno i consiglieri di
Forza Italia oggi assenti in Commissione, la cui posizione
espressa anche da colleghi lombardi sembra essere diametralmente
opposta, tra l'altro autori di una mozione volta a introdurre
tavoli di confronto e di ascolto con le comunità islamiche,
condivisibili peraltro, che, secondo le dichiarazioni di
Callligaris non possono che servire per mercanteggiare al
ribasso i diritti delle donne, anche minorenni", aggiunge
l'esponente del M5S.
"Crediamo fermamente nell'emancipazione della donna e nelle pari
opportunità, ma il metodo non passa attraverso alcun divieto.
L'integrazione - conclude la Capozzi - dovrebbe costituire
l'obiettivo principale, però non possiamo ottenerlo con la forza.
Si tratta di un processo che va accompagnato insieme ai mediatori
culturali, aspetto che la legge non tocca, ed è solo attraverso
di esso che potremo finalmente parlare di reale integrazione.
Ecco i motivi per cui non ho partecipato al voto di una legge
bandiera che cela, dietro una fantomatica ragione di sicurezza e
tutela delle donne, una mera battaglia ideologica e
discriminatoria, resa ancora più evidente dalle modalità e dal
momento storico".
ACON/COM/rcm