(ACON) Trieste, 25 feb - Parte dall'accordo di Parigi di 10
anni fa sul contenimento dell'innalzamento della temperatura
media globale e arriva alla legge regionale 4/2023, FVGreen -
Disposizioni per lo sviluppo sostenibile e la transizione
ecologica del Friuli Venezia Giulia, la relazione per l'Aula di
Giulia Massolino (Patto per l'Autonomia-Civica Fvg) sul disegno
di legge 38 e la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Per la consigliera non si devono rinnegare né gli impegni di
Parigi, né il Green Deal: "Non è colpa dell'Ue se non siamo
riusciti a fare la nostra parte finora, e non è incolpando le
politiche di conversione energetica che usciremo dalla crisi
climatica, con tutta la distruzione e le morti che sta già
causando. Dobbiamo agire, in fretta, e l'Ue fa bene a imporre
obiettivi ambiziosi e che si acceleri. In questo contesto,
l'amministrazione guidata dal presidente Fedriga non ha fatto
abbastanza, soprattutto nell'utilizzo della specialità regionale
e degli spazi di azione che questa avrebbe potuto rivendicare con
lo Stato. Questo vale anche per il ddl 38: maggiori spazi di
autonomia in tema di pianificazione e governo del territorio
avrebbero permesso una gestione diversa del fenomeno speculativo
cui stiamo assistendo passivamente".
La consigliera ha poi rimarcato che il provvedimento "viene
portato in Aula nonostante non sia ancora stata pubblicata la
sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio in
merito ai ricorsi presentati dagli operatori per impugnare il
decreto ministeriale sulle aree idonee del 21 giugno 2024,
contestando proprio la discrezionalità riservata alle Regioni, a
cui era data la possibilità (non quindi l'obbligo) di rispettare
le aree idonee già indicate dal decreto 199/2021 a sua volta
attuativo della Direttiva (UE) 2018/2001 (cd. Direttiva RED II)
sulla promozione delle rinnovabili. Nel frattempo, questa
situazione di incertezza normativa ha comportato un aumento delle
richieste di installazione di impianti del 215%, e ogni ulteriore
dilatazione dei tempi rischia di farci arrivare troppo tardi".
"È imprescindibile - ha affermato Massolino - la necessità di non
consumare suolo e di tutelare il paesaggio, i corridoi ecologici,
le aree di wilderness. Una volta individuate le aree idonee, qual
è la proattività della Regione in questa direzione? Si sta
ragionando, ad esempio, sul rapporto con Autostrade Alto
Adriatico per le aree vicine all'autostrada, o con Rfi per le
aree ferroviarie, su accordi con lo Stato rispetto alle aree
militari dismesse? Sulle azioni (anche finanziarie) necessarie
per incentivare gli investimenti su aree già impermeabilizzate o
aree agricole non utilizzate, anche attraverso accordi con le
amministrazioni competenti, semplificazioni procedurali e
incentivi economici? Tali aree nel Piano energetico regionale
sono stimate essere oltre 13.000 ettari, più che sufficienti a
coprire le necessità regionali, comprese quelle per la
decarbonizzazione del metano. Limitarsi a normare le aree idonee
è abdicare a un fondamentale ruolo di indirizzo, considerando
peraltro che dalla non idoneità deriva solamente un diverso iter
autorizzativo e non un divieto".
Altro nodo rilevante, per l'esponente del Patto, "riguarda le
competenze assunte dalla Regione rispetto a quelle dei Comuni. Il
decreto legislativo 190/2024, in materia di regimi amministrativi
per la produzione di energia da fonti rinnovabili prevede
l'applicazione esclusiva della Procedura abilitativa semplificata
(Pas) per gli impianti solari fotovoltaici di potenza inferiore a
10 MW. Si ripropone dunque il problema delle strutture tecniche a
disposizione dei Comuni, che rischiano di essere oberate di
richieste e di non avere gli strumenti per governare questi
processi. Inoltre è da chiarire quali siano le competenze che la
Regione intende assumere rispetto ai Comuni e quale la relazione
con l'annunciata Comunità energetica regionale (Cer)".
Non da meno, "il ruolo della Regione nelle contrattazioni tra lo
Stato, i gestori della rete e delle cabine e i distributori.
Attualmente i tempi di allacciamento di nuovi impianti sono
inaccettabili, bisogna agire in fretta potenziando la parte
infrastrutturale della rete per non comprometterne la stabilità e
aumentare la sua capacità di accogliere energia prodotta da fonti
rinnovabili. Il Piano energetico regionale prevede un tavolo di
confronto con le società di distribuzione proprio per valutare i
piani di sviluppo, ma le risposte fornite su quale sia lo stato
dei lavori e quali gli ostacoli che stanno rallentando il
processo non hanno messo in evidenza tempi e modalità definiti
per raggiungere gli obiettivi".
"Inoltre, va valutata l'intersezione tra la reale disponibilità
di potenza nelle cabine di alta tensione e le restrizioni che si
vanno a imporre. Tema cruciale perché si ripercuote anche sulle
Cer, le quali, ora che potrebbero finalmente decollare, si
ritrovano a non avere abbastanza potenza nelle cabine a cui
dovrebbero allacciarsi. E questo - ha detto la relatrice - ci fa
arrivare al tema delle compensazioni, nella cui definizione la
Regione dovrebbe pretendere l'aumento dei massimi previsti, la
partecipazione azionaria agli impianti e sancire le potenze
dedicate esclusivamente alle Cer".
Da ultimo, per l'autonomista "è fondamentale assicurare la
partecipazione delle comunità locali nelle decisioni relative
agli impianti, prevedendo strumenti concreti di coinvolgimento, e
garantendo trasparenza e accessibilità delle informazioni sugli
impianti. Abbiamo presentato degli emendamenti per correggere
alcuni di questi aspetti. Ci riserviamo dunque di esprimere la
nostra valutazione finale in base a come le nostre proposte
verranno accolte".
ACON/RCM-fc