FOTOVOLTAICO. CARLI (PD): DDL 38 TARDIVO, VA SALVAGUARDATA AGRICOLTURA

(ACON) Trieste, 25 feb - "Dobbiamo fare la nostra parte per conseguire una maggiore autonomia energetica a livello nazionale, secondo gli obiettivi assegnati al Friuli Venezia Giulia di un aumento di maggiore energia proveniente da fonti rinnovabili (Fer) pari a quasi 2 GWh entro il 2030: obiettivo molto sfidante, per il raggiungimento del quale è stato messo in atto un sistema di incentivazione e di sostegno economico affinché possano svilupparsi tutti i progetti di investimento necessari alla transizione". Questo l'incipit di Andrea Carli (Pd) in veste di relatore per la minoranza del disegno di legge 38 sull'installazione di impianti a fonti rinnovabili sul territorio regionale. Ma, avverte Carli, "il raggiungimento di questo obiettivo così importante non può esimerci dal definire regole chiare finalizzate all'equilibrio e alla sostenibilità, tenendo in debito conto l'ambiente e il benessere dei cittadini, nonché la tenuta del sistema economico, in particolare quello agricolo. Siamo convinti che il disegno di legge 38 possa essere ampiamente integrato e perfezionato, per evitare che il provvedimento, decisamente attento agli impianti fotovoltaici (per i quali il presidente di Anci Fvg non ha esitato a dire che 'i buoi sono già usciti dal recinto'), ignori aspetti fondamentali per regolare gli impianti relativi ad altre tipologie di Fer e salvaguardare l'equilibrio del sistema". Il dem ha quindi ricordato che il suo partito "su questo tema ha presentato una proposta di legge già nel corso della XII legislatura, ma fu rimbalzata dalla Commissione all'Aula e nel frattempo sono proliferate le richieste di autorizzazione ad impianti Fer", perciò "arriviamo con colpevole ritardo, con le amministrazioni comunali lasciate sole a gestire le questioni aperte: il consumo di suolo, in particolare quello destinato all'agricoltura; la salubrità dei luoghi; la tutela del paesaggio; le distanze dai centri abitati; l'agroalimentare; la coerenza tra dimensioni degli impianti ed esigenze del territorio; la correlazione esistente tra nuovi impianti e la necessità di adeguare le infrastrutture di trasporto dell'energia elettrica agli obiettivi di maggior produzione; l'approvvigionamento della materia prima agricola e zootecnica per gli impianti a biometano". "Crediamo ancora, nonostante la bocciatura di tutti gli emendamenti presentati dalle forze di Opposizione in IV Commissione, che si possa trovare un maggiore equilibrio per la tutela del paesaggio, in particolare limitando la vicinanza degli impianti di produzione ai centri abitati. In generale, esprimiamo un forte timore - ha rimarcato il consigliere - legato al periodo eccessivamente lungo con il quale si prevede la definizione delle aree non idonee: 12 mesi durante i quali si potrebbe determinare una forte accelerazione delle domande di autorizzazione per nuovi impianti prima della piena attuazione del ddl 38". Altra carenza, per Carli, "riguarda gli impianti per la produzione di biometano: il ddl considera l'occupazione di suolo esclusivamente rispetto all'impianto di produzione, non tenendo però in debito conto le superfici agricole collegate alla produzione della materia prima necessaria al funzionamento dell'impianto stesso, con particolare riferimento alla produzione di prodotti agricoli destinati ai vari impianti di biometano, con il conseguente vincolo di ingenti superfici agricole del territorio regionale. Gli impianti per la produzione di biogas o biometano, nati per risolvere il problema dello smaltimento dei reflui zootecnici, devono avere una dimensione correlata alle esigenze del territorio. Così spesso non è, data l'opportunità di sfruttare al massimo gli incentivi". "Ancora, rimane il tema del fine vita di questi impianti: cosa ne sarà di quelle aree - ha chiesto il relatore - una volta che il ciclo di produzione sarà terminato? Alcuni nostri emendamenti sono per la presenza di fidejussioni per la restituzione del suolo nelle condizioni originarie e la semplificazione del procedimento della variante urbanistica per ripristinare la zonizzazione allo stato precedente all'autorizzazione, onde evitare di avere, tra 30 o 40 anni, ettari ed ettari di terreni, storicamente agricoli, preda di ulteriori speculazioni". "Vi è, poi, la questione delle infrastrutture di trasporto dell'energia che può avere due possibilità: valutare l'idoneità delle aree anche sulla base delle reti; l'intervento del privato a rafforzare le reti esistenti, sia in funzione della sicurezza che della stabilità delle linee. E ci pare un'ottima osservazione - ha aggiunto - quella portata da Legambiente in IV Commissione, che propone il rapporto tra impianto energetico e sistema agricolo, prevedendo contrattualizzazioni per mantenere in coltivazione o in gestione per lo meno le porzioni di superficie che non sono del tutto occupate". "Da ultimo, poiché le imprese vorranno realizzare i nuovi impianti nelle aree dove è più conveniente farlo per massimizzare il ritorno degli investimenti, siamo convinti non solo che si devono porre vincoli per limitare il più possibile il depauperamento del territorio, ma soprattutto dell'opportunità di favorire al massimo l'uso di quelle aree degradate, anche attraverso degli incentivi", ha concluso. ACON/RCM-fc