(ACON) Trieste, 18 giu - "Il Brucia, un pittore che non ha mai
cercato i riflettori, ma che è riuscito a vivere della propria
arte, senza scendere mai a compromessi con nessuno. Un uomo che
dal dolore è riuscito a generare arte pittorica".
Non potrebbero esserci parole migliori di quelle di Manuel
Baldassare per descrivere il Brucia, al secolo Enzo Mior (secondo
di tre fratelli soprannominati il Brucia grande, il Brucia e il
Brucin, dove con quel termine si indica il chiodino con la
capocchia piccola), vissuto nella sua San Vito al Tagliamento per
60 anni, dal 1946 al 2006, anno della morte, e le cui opere più
rappresentative possono essere ammirate da oggi e per un mese al
secondo piano del Consiglio regionale, a Trieste, ospitate dietro
indicazione della consigliera Lucia Buna per una mostra curata
appunto da Baldassare.
L'esposizione "Il Brucia, ritratto di un fuoriclasse" ha, dunque,
l'ambizione di dare spazio a "un artista che ha confermato la
storia sanvitese quale cittadina fucina di grandi artisti. Il suo
fu sguardo di apparente semplicità, che invita all'introspezione
Nei suoi lavori traspare l'amore per la terra e il diluire del
tempo, declinati attraverso la tavolozza", ha spiegato il
presidente del Consiglio regionale, Mauro Bordin, sempre pronto
ad aprire le porte del Palazzo per farvi entrare i cittadini e
chi rappresenta il territorio con merito e bravura.
"Ho avuto modo di ammirare la mostra antologica di 120 opere
dedicata al Brucia a San Vito - ha spiegato la consigliera Buna -
e sono rimasta colpita in particolare dal suo modo di
rappresentare le donne, tra tristezza e colore, lui rimasto
dolorosamente vedovo e padre di una ragazza. Da componente della
Commissione regionale pari opportunità come tutte le altre
colleghe consigliere, ho deciso che sarebbe stato importante
esporre una parte di questi lavori negli spazi dedicati della
sede legislativa, a Trieste".
"Il suo modo di raffigurare il volto femminile - è ancora
Baldassare che ci viene incontro - è modiglianesco, per poi
venire contagiato anche da van Gogh. La sua produzione artistica
inizia nel 1978 e continua fino alla morte". È dunque un inizio
tardivo, dettato da una grave perdita: la morte dell'adorata
moglie Silvana, incontrata a Mestre, dove si era trasferito per
fare il manovale, come manovale era stato da migrante in Svizzera.
Le prime opere esprimono tutto il suo dolore, sentimento che
imprimerà su tela e legno sino alla metà degli '80 spesso con
volti senza occhi, simbolo della sua paura di vedere il domani,
per passare alla scomposizione delle figure e all'uso del colore
vivace. Negli anni '90 si dedica a costruire casa propria, per
riprende a dipingere alla fine del decennio, quando si crea un
piccolo spazio nella birreria sanvitese La Cerveceria, dove paga
il gestore donandogli suoi piccoli quadri. Il lavoro lo incalza
tra il 2005 e il 2006, sino alle porte della morte: le
composizioni sono visionarie, i paesaggi sognanti, i mondi
ideali. Per lui, è tornare bambino, proprio come il soggetto
della sua ultima fatica artistica.
ACON/RCM