Doberdò del Lago, 29 mag - Questi luoghi, che meno di cento anni fa sono stati percorsi dalla follia disperata della guerra e sono costellati di chiesette, monumenti e cimiteri sono ora luoghi in cui la memoria diventa stimolo e progetto per rapporti sempre più pacifici e costruttivi tra i nostri popoli.
Così il presidente della Regione Renzo Tondo si è rivolto questa mattina al presidente della Repubblica d'Ungheria Laszlo Solyom, nel corso della cerimonia di consacrazione della Cappella Ungherese a Visintini di Doberdò del Lago, sul Carso Goriziano.
Una cappella voluta e costruita dai soldati ungheresi mentre la Prima Guerra mondiale stava terminando e proprio la sua conclusione impedì che venisse consacrata. Oggi, novant'anni dopo, per volontà di associazioni italiane e magiare, quali il Circolo di Amicizia Esercito e Società di Szekesfervar, l'Associazione Amici dell'Isonzo di Gorizia e l'Associazione scientifica Szechenyi, la cappella è stata benedetta da presuli rappresentanti diverse confessioni cristiane: cattolica, ortodossa, calvinista e luterana. Tra i presuli il vescovo di Gorizia Dino De Antoni.
Dopo le due guerre mondiali del Novecento, ha riflettuto il presidente della Regione, il Friuli Venezia Giulia ha presto intuito che la costruzione della pace in Europa passava solo attraverso una nuova reciproca comprensione tra i popoli. Per questo fu tra le regioni fondatrici della Comunità di Alpe Adria, quando ancora la cortina di ferro faceva sentire il suo peso.
Agli inizi era una comunità di ideali, di aspirazioni, come del resto era, alle origini, la stessa Unione europea della quale oggi fanno parte tanto l'Italia quanto l'Ungheria. Noi crediamo, ha ribadito Tondo, che ora sia nostro dovere fare in modo che quegli ideali si traducano nella concretezza del quotidiano attraverso scelte comuni che portino benessere e sviluppo a tutti i nostri cittadini.
La memoria e ciò che responsabilmente sapremo costruire assieme, ha concluso il presidente Tondo, renderanno vera giustizia a tutti quelli che su queste colline sono morti, siano arrivati qui dalle terre dell'Ungheria, dell'Austria o dalle pianure e dai monti italiani.
"Doberdò occupa uno spazio particolare nella memoria della nazione ungherese". Questo paese, presente nelle canzoni popolari sulla Grande Guerra, è diventato "simbolo delle difficoltà straordinarie, delle privazioni e, nonostante tutto, della perseveranza e della capacità di sopportare, (...) del coraggio, della solidarietà, dell'aiuto reciproco".
Lo ha ricordato il presidente ungherese Laszlo Solyom, che è intervenuto in forma privata alla cerimonia di oggi. "Nelle battaglie dell'Isonzo morirono ben 100 mila soldati ungheresi. Oggi, a distanza di 90 anni - ha detto ancora - i due popoli, quello italiano e quello ungherese, sono uniti nella commemorazione" e raccolgono un messaggio che "mantiene viva la storia e ci stimola a trarre insegnamenti".
Alla cerimonia, durante la quale hanno portato il saluto anche il sottosegretario del Ministero della Difesa della Repubblica di Slovenia Uros Krek ed il sindaco di Doberdò Paolo Visintin, hanno partecipato il prefetto di Gorizia Maria Augusta Marrosu, il presidente del Consiglio regionale Edouard Ballaman, il presidente della Provincia di Gorizia Enrico Gherghetta, il sindaco di Nova Gorica Mirko Brulc.
Numerosi i partecipanti giunti dall'Ungheria e dalla Slovenia, mentre gli inni nazionali ungherese, sloveno ed italiano ed "il silenzio" che ha concluso la cerimonia sono stati eseguiti dalla fanfara della Brigata Pozzuolo del Friuli. ARC/GB