(ACON) Trieste, 4 lug - "Da 'scarpets' a 'scarpetti': un
marchio che, pur facendo riferimento a un prodotto artigianale
tipicamente friulano, riporta una nomenclatura priva di ogni
riferimento chiaramente identificabile come friulano".
Lo afferma in una nota Massimo Moretuzzo, capogruppo di Patto per
l'Autonomia-Civica Fvg in Consiglio regionale, che alla Giunta
Fedriga ha chiesto "allora quali ragioni sono alla base della
scelta di questo marchio incredibilmente italianizzato". E lo ha
fatto "attraverso una interrogazione sul progetto del museo
carnico delle arti popolari di Tolmezzo, che vede tra i suoi
partner anche la Regione e che ha come obiettivo la tutela e la
valorizzazione della cultura popolare e soprattutto di un sapere
antico, fortemente radicato alla storia del territorio,
attualizzandolo.
"La scelta di questa denominazione - ha evidenziato Moretuzzo - è
assurda non solo dal punto di vista identitario. Le lingue
minoritarie sono uno strumento formidabile di marketing. Studi
accreditati, tra cui la ricerca di Franco Rosa dell'università di
Udine sull'efficacia della comunicazione di marketing in lingua
friulana, attestano una pratica diffusa in tutto il mondo. È già
discutibile il fatto che si debba registrare il nome di oggetti
universalmente conosciuti come scarpets (registriamo forse i
termini 'pane' o 'latte?), perché una ditta veneta l'ha già
registrato come marchio, ma che si scelga la sua italianizzazione
perché lo ha fatto uno zelante notaio del 1931 in un documento
dotale, è inconcepibile".
"A differenza del vicepresidente della Regione con delega alla
Cultura, Mario Anzil - sottolinea l'esponente del Patto-Civica,
non nutro nessun affetto per l'italianizzazione dei termini, per
usare le sue parole, anche perché ricordo che nel 1931 il regime
fascista non aveva certo simpatia per il friulano, e per le
lingue minoritarie in generale, e l'italianizzazione era
imposta".
"Auspichiamo un progetto serio di promozione di una calzatura che
da sempre appartiene alla tradizione della nostra terra, delle
sue comunità, non solo dell'area montana - conclude Moretuzzo -,
che passi per il coinvolgimento dei soggetti che la producono
ancor oggi eredi di un artigianato storico che ha saputo fare di
necessità virtù creando calzature belle, pratiche e sostenibili
grazie al riuso consapevole dei materiali".
ACON/COM/rcm