PRESENTATO RAPPORTO SU DONNE IMMIGRATE IN FVG

(ARC) Trieste, 29 giu - Il 38 per cento delle donne immigrate in Friuli Venezia Giulia svolge mansioni di collaboratrice domestica mentre il 28 per cento si occupa di anziani. Molte hanno un diploma (il 32 per cento) o sono laureate (il 16 per cento) ma il loro titolo di studio non viene riconosciuto in Italia e debbono far di necessità virtù. Numeri significativi che sono la dimostrazione, per l'assessore regionale all'Immigrazione Roberto Antonaz, di un più generale problema di "emancipazione incompiuta" che coinvolge tutte le donne e non solo le immigrate, anche se per quest'ultime il fenomeno è più evidente. Se infatti quello dell'immigrazione è un settore debole, ha confermato l'assessore, i sottosettori dell'immigrazione femminile ed infantile lo sono ancora di più. Un quadro complesso, su cui contribuisce a far chiarezza il sondaggio messo a punto dall'Istituto per la ricerca sulle tecniche educative e formative (Iret) che è stato illustrato oggi a Trieste alla presenza di Antonaz, del consigliere di maggioranza Pietro Colussi e di Pina Brustolin, referente dell'Acli-Colf che ha commissionato lo studio. La ricerca - di cui, ha confermato l'assessore, si terrà conto nella definizione della bozza di legge regionale sull'immigrazione che già prevede azioni specifiche proprio per donne e bambini - evidenzia problematiche e aspettative che vanno dal bisogno di servizi alla richiesta di formazione e sportelli informativi, da una maggiore agibilità delle strutture sanitarie alla necessità di instaurare, lontano dalla madrepatria, rapporti umani amichevoli ed esenti da pregiudizi razziali. Lo studio, effettuato su un campione di 316 donne intervistate dagli operatori degli sportelli Acli-Colf dei quattro capoluoghi di provincia, evidenzia la provenienza delle donne (il 53 per cento proviene dall'Est europeo, il 29 per cento dall'Africa, il 12 per cento dall'America latina, il 4 per cento dai Paesi orientali) e le motivazioni della loro scelta. Il 35 per cento si trova in Friuli Venezia Giulia perché qui si era stabilito un loro familiare, mentre il 30 per cento ha sentito che c'erano buone opportunità di lavoro. Tra le difficoltà spicca la non conoscenza della lingua (82 per cento) la difficoltà a trovare lavoro (il 69 per cento) la solitudine (il 68 per cento) e la mancanza d'amici (il 68 per cento). Delle intervistate. 130 donne lavorano. Le altre (il 59 per cento) si occupano della famiglia e sono per il 71 per cento africane. Il 70 per cento di queste donne ha meno di 29 anni e il livello di istruzione è basso per il 60 per cento di loro. Tornando alle lavoratrici, il 73 per cento cambierebbe, se potesse, lavoro. Indipendentemente dal fatto di avere o meno un'occupazione inoltre, il 69 per cento si è data da fare per trovarla. E' da rilevare che, se il 92 per cento delle immigrate si ritiene soddisfatta del servizio ottenuto dalle strutture sanitarie, molte (il 43 per cento) hanno avuto problemi a causa della lingua e della burocrazia, mentre il 37 per cento è stato messo in difficoltà dall'incomprensione delle procedure mediche. E' infine da segnalare che solo il 20 per cento delle intervistate sa quali siano, in Italia, i diritti delle donne in maternità e che le meno informate (solo l'11 per cento) sono proprio le donne provenienti dall'Est europeo.