Trieste, 29 ago - Ha valenza nazionale ed internazionale il Museo Ferroviario di Trieste (il Napoletano ne ospita un altro, gestito dalle Ferrovie ma raramente aperto al pubblico) ed è, come ancora accade per altre istituzioni culturali di pregio in regione, più noto all'estero che in Italia.
"Il Museo e la Stazione Ferroviaria di Campo Marzio che lo ospita vanno dunque difesi e promossi" afferma l'assessore regionale alla Cultura Roberto Antonaz, che ha sottolineato la necessità di provvedere al restauro di un paio di locomotori di pregio (in tutto sono 13, di cui 5 di fabbricazione estera), in sosta sui binari assieme a vagoni e carrelli d'epoca. Occorre pertanto dotarlo, ha sottolineato l'assessore, di strumenti adeguati (guide elettroniche in più lingue, ad esempio) che consentano alle scolaresche e al pubblico (attualmente i visitatori sono 4-5 mila all'anno) di apprezzarne i tesori.
Accompagnato dal presidente del Dopolavoro Ferroviario, Claudio Vianello, dal responsabile del museo Roberto Carollo e dal viceresponsabile, Leandro Steffè (la gestione del Museo è affidata perlopiù al volontariato) Antonaz ha visitato oggi la Stazione, fermandosi nelle diverse sale ad ammirare plastici, reperti, disegni, strumentazioni d'epoca, modellini. Da qui parte ancora il "Rondò" domenicale, a testimonianza di una funzionalità che si vorrebbe rilanciare, trasformando questa struttura in sede per collegamenti provinciali e transfrontalieri. Un progetto di cui a Trieste si parla da anni e che, ha sottolineato l'ingegner Carollo, la Provincia di Bolzano ha già realizzato con successo ripristinando la linea storica Merano-Malles, molto apprezzata dalla popolazione e dai turisti.
Protetta dalla Sovrintendenza assieme a tutto il suo contenuto, la Stazione accoglie le testimonianze di cent'anni di storia (è stata costruita nel 1906) e Antonaz ha confermato pieno appoggio alla sua salvaguardia in un contesto complesso, dal momento che essa è stata recentemente venduta, assieme ad alcune importanti aree limitrofe, alla società veneta "Sviluppo 70".
ARC/Luciana Versi Zambonelli